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LA RICCHEZZA DELLA DIVERSTà OGGI

DALLA MULTICULTURALITà AL MULTICULTURALISMO



La necessità di salvaguardare la diversità e di garantirne la libera espressione si traduce oggi, sul piano sia teorico sia operativo, nel multiculturalismo. Con questo termine si indica un progetto di tutela delle diverse culture presenti su un determinato territorio, tramite interventi legislativi e politici che assecondino le richieste da esse avanzate.

Le esigenze possono essere molteplici, e svariati, di conseguenza, i provvedimenti che intendono rispondervi. un gruppo socialmente minoritario può desiderare assetti giuridici più rispettosi delle proprie specificità culturali (ad esempio, una minoranza linguistica può richiedere il riconoscimento ufficiale del proprio idioma), può invocare la rimozione degli ostacoli che gli impediscono l'effettivo esercizio delle libertà civili (ad esempio, una comunità religiosa minoritaria, a cui l'amministrazione locale non abbia concesso una sede per lo svolgimento del culto, può rivendicare questo diritto), può sollecitare interventi concreti per superare una situazione di emarginazione sociale o per promuovere un'integrazione altrimenti difficoltosa (pensiamo alle esigenze di molti alunni stranieri delle nostre scuole, che necessitano di interventi didattici compensatori).

A livello politico-legislativo, il primo autentico documento multiculturalista della storia del Novecento è il Multiculturalism Act, promulgato in Canada nel 1971. Com'è noto, la popolazione dello Stato canadese comprende, accanto a una maggioranza di lingua inglese, una minoranza francofona, discendente dai primi conquistatori francesi insediatisi nel Québec nel XVII secolo. Il Multiculturalism Act ha accordato alle diverse province dello Stato canadese la possibilità di legiferare autonomamente su determinati ambiti, proprio per tutelare le comunità minoritarie all'interno della nazione. Su tale base, la provincia del Québec ha adottato una serie di provvedimenti per garantire la sopravvivenza della lingua e della cultura francesi, applicandoli agli ambiti più vari: dalla politica scolastica alla regolamentazione delle attività commerciali e industriali (ad esempio, nelle imprese con più di 50 dipendenti è obbligatorio l'uso del francese, così come nelle insegne dei negozi).

I progetti multiculturalisti come quello canadese contribuiscono in modo efficace alla salvaguardia delle minoranze linguistiche e culturali presenti all'interno degli Stati nazionali. Si tratta, in sostanza, di una sorta di delega, da parte dello Stato stesso, di una porzione della propria sovranità a quelle realtà locali in cui è più massiccia la presenza dei gruppi minoritari.

In quanto espressione del rispetto per la pluralità delle culture e per l'esigenza di riconoscimento sociale che esse avanzano, il multiculturalismo sembra trovare una sua "naturale" collocazione nel mondo globalizzato, nel quale, come abbiamo visto, i movimenti migratori (e le altre forme di mobilità sul territorio) creano assetti sociali nuovi e sempre più differenziati al loro interno.

Tuttavia la sua definizione  risulta assai complessa e problematica, soprattutto perché, se il riconoscimento di una minoranza linguistica o culturale all'interno dello Stato-nazione comporta una sorta di "manovra di assestamento" che ristruttura gli equilibri sociali e politici del paese, a maggior ragione il confronto con una "diversità" proveniente dall'esterno implica a livello giuridico, sociale e psicologico l'esigenza di definire la fisionomia del "diverso" e la sua collocazione all'interno della comunità. 


L'OSPITALITà AGLI IMMIGRATI: 3 MODELLI



Germania, Francia e Gran Bretagna sono i 3 paesi europei che possiamo assumere come rappresentativi di altrettanti "ideal-tipi" di risposte all'esigenza di definire l'identità e la collocazione delle persone immigrate; come tali, essi rappresentano modelli ideali, che possono conoscere, nella loro concreta realizzazione, oscillazioni e reciproche contaminazioni.

Il modello tedesco, solitamente definito istituzionalizzazione della precarietà, assume come presupposto che l'immigrato sia una "persona di passaggio", ossia un individuo che per motivi contingenti (perlopiù di lavoro) è temporaneamente presente sul territorio nazionale di un paese diverso dal proprio. In questa prospettiva, il compito dello Stato ospitante è quello di integrare l'immigrato nel mondo del lavoro, ma insieme di favorire la sopravvivenza dei suoi legami con il paese e con la cultura da cui proviene, nella speranza che possa ritornarvi quanto prima.

Questo modello corrisponde effettivamente a quelle situazioni in cui l'individuo immigrato è un lavoratore di passaggio, intenzionato, quando le condizioni economiche glielo permetteranno, a ritornare in patria, dove spesso ha lasciato la famiglia e una solida rete di affetti e interessi . Esso mostra però la sua inadeguatezza in rapporto ai nostri tempi, in cui le comunità immigrate sono divenute elementi stabili nel tessuto sociale dei paesi occidentali.

Il modello francese, definito assimilazionista, parte invece dall'idea che, una volta trasferitosi in un nuovo Stato, il soggetto immigrato diventi a pieno titolo un membro della nuova comunità; ciò significa che egli dovrà fare propria la cultura del paese che lo ospita e che, solo nell'ambito domestico, potrà conservare abitudini e usanze della società dalla quale proviene: non potrà chiedere, ad esempio, che alla mensa scolastica o aziendale non vengano serviti determinati cibi, anche se si tratta di alimenti vietati dalla sua religione ed egli si astiene scrupolosamente dal consumarli in casa propria.

Il modello inglese, solitamente definito pluralista, è forse quello che lascia più spazio per un progetto autenticamente multiculturalista. Esso assume come punto di partenza la concezione liberale dello Stato, secondo la quale compito del potere politico è assicurare a ogni individuo il libero esercizio dei propri diritti, imponendo come unico vincolo il rispetto del diritto altrui. In questa prospettiva, è consentito alle comunità immigrate di manifestare pubblicamente la propria specificità culturale, purché ciò avvenga nel rispetto delle regole e della libertà delle altre persone e delle altre comunità. Perciò nelle scuole britanniche l'esibizione della propria appartenenza religiosa non è vietata, ma anzi salvaguardata con provvedimenti specifici. 

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